Per la lavoratrice madre vale il divieto di licenziamento per maternità, dall’inizio della gravidanza fino al compimento di 1 anno di vita del bambino. Tuttavia ci sono alcune ipotesi in cui questo divieto non è attivo.
Prima di entrare nei dettagli è bene sapere che tutte queste normative relative al licenziamento prima e dopo la maternità si possono trovare nel decreto legislativo n.151 del 26 marzo 2001 e più precisamente nell’articolo 54 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità).
Il divieto di licenziamento vale a prescindere che il datore di lavoro sia o meno a conoscenza dello stato di gravidanza. Nel caso in cui la lavoratrice si attardasse nell’invio della documentazione che attesti lo “stato interessante”, il divieto resta operativo, ma ci potranno essere delle conseguenze di caratteri risarcitorio a danno della lavoratrice (perdita eventuale di mensilità).
Il licenziamento intimato in violazione del divieto appena spiegato, non è considerato semplicemente ingiustificato e/o illegittimo ma è punito con la più grave sanzione della nullità, un po’ come accade per il divieto di licenziamento per matrimonio.
Come detto però esistono alcune ipotesi di colpa grave della lavoratrice, superiori alla giusta causa (art. 2119 del codice civile) per i quali è possibile procedere al licenziamento prima e dopo la maternità (ad esempio vedi la sentenza della Suprema Corte n.14905 del 5 settembre 2012).
[Aggiornamento del 19/06/2017] Visti i numerosi cambiamenti degli ultimi anni, sul blog abbiamo pubblicato un quadro chiaro delle sanzioni al datore di lavoro in caso di licenziamento illegittimo, con e senza Jobs Act e dopo la riforma della pubblica amministrazione.