Contratto Lavoro

contratto tempo determinato

Con il Decreto Lavoro 2023 arrivano importanti novità per il contratto a tempo determinato. Il contratto a termine era precedentemente regolato dal decreto Dignità (2018) e prevedeva la durata massima di 12 mesi, con possibilità di estensione a 24 mesi.

L’estensione poteva però essere prevista solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  • esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività
  • sostituzione di altri lavoratori
  • incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria

Con il nuovo Decreto (Decreto Legge n. 48/2023) si cancellano le causali introdotte con il decreto Dignità (vedi sopra) che vengono sostituite con un sostanziale rinvio alle intese tra le aziende e sindacati. I contratti a tempo determinato ora potranno quindi essere estesi oltre i 12 mesi e non oltre 24 mesi, come in precedenza, ma con causali più generiche e cioè:

  • nei casi previsti dai contratti collettivi di lavoro
  • per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva, individuate dalle parti, in caso di mancato esercizio da parte della contrattazione collettiva, e in ogni caso entro il termine del 31 dicembre 2024
  • per sostituire altri lavoratori

Nulla invece è cambiato rispetto agli altri punti sui contratti a termine:

  • le proroghe possibili restano 4 in 24 mesi
  • nulla è cambiato per quel che concerne i contratti stagionali le cui attività sono individuati dal D.P.R. n. 1525/1963
  • resta la possibilità di oltrepassare il termine finale del contratto (30 giorni per i rapporti fino a 6 mesi e 50 giorni per quelli che hanno una durata superiore)
contratto di lavoro
contratto di lavoro

 

Il decreto Sostegni (decreto legge 41/2021) introduce una importante novità per le aziende e i lavoratori che hanno un contratto a tempo determinato in scadenza o che devono stipularne di nuovi.

In poche parole si potrà procedere ad una proroga straordinaria senza causale fino al 31 dicembre 2021 dei contratti a termine. Il limite massimo resta di 12 mesi mentre il limite complessivo è di 24 mesi. Questa possibilità di proroga “straordinaria” si può utilizzare una sola volta a partire dall’entrata in vigore del decreto, cioè il 23 marzo 2021.

In questo caso non si deve tenere conto delle eventuali altre proroghe senza causali che sono state effettuate precedentemente. Possiamo affermare quindi che il decreto Sostegni introduce una sorta di ulteriore “bonus” per la proroga dei contratti a tempo determinato. In questo caso non vale neanche il limite di quattro proroghe previsto per legge.

Possiamo quindi affermare, come anche ha specificato l’Ispettorato del Lavoro (nota 16 settembre 2020) che la deroga vale sia per la causale che per il numero massimo di proroghe. Naturalmente quanto contenuto nel decreto vale, oltre che per le proroghe dei contratti a tempo determinato, a anche per i rinnovi. Si può quindi far ritornare un lavoratore che ha già precedentemente lavorato a tempo per una azienda senza inserire una causale nel contratto.

Da notare che con questa norma contenuta nel decreto Sostegni non è più necessario rispettare il vincolo dello stop&go (periodi cuscinetto) tra un contratto a termine e il successivo. Questo però per una sola volta.

Come detto sopra il termine è il 31 dicembre ma i contratti stipulati con questa norma di rinnovi e proroghe agevolate possono valere anche fino al 2022, con il limite massimo di 24 mesi già indicato.

Corte di giustizia UE

E’ una questione importante, soprattutto in questi anni di crisi del lavoro, quella dell’uso e dell’abuso dei contratti a tempo determinato. Ogni stato membro ha le sue regole e leggi ma quanto deciso dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (causa C-16/15) è un monito di rilievo per tutti e una boccata di aria fresca per tutti i precari soprattutto nel settore pubblico.

La sentenza del 14 settembre 2016 si riferisce ad un’infermiera spagnola che è stata rinnovata per sette volte con contratti a tempo determinato. Qui la Corte riprende l’accordo quadro tra gli stati che mira a prevenire l’abuso dei contratti a tempo soprattutto nel caso questi siano relativi ad esigenze permanenti e non provvisorie.

Come già detto ogni stato ha le sue leggi. Per l’Italia il Jobs Act ha codificato la disciplina del tempo determinato per venire incontro alla situazione dei precari:

  • limite di 36 mesi 
  • massimo 5 proroghe, nell’arco del limite dettato sopra, in caso si riferiscano alla stessa attività lavorativa

La prevenzione dell’abuso di una successione di rapporti di lavoro a tempo determinato è uno dei capisaldi dell’accordo quadro firmato anche se poi sono i singoli stati a definire nel dettaglio tempi e modalità. 

Sorvolando sulla questione spagnola, qui in Italia è bene ricordare che ci sono diversi casi in cui sia l’accordo europeo, sia la legge italiana non viene rispettata sul tema dei rinnovi di contratti a tempo determinato. Parliamo per esempio di quanto accade nel settore sanitario e in quello scolastico, dove oggi molti lavoratori pubblici continuano una lunga trafila di precariato nonostante l’esigenza strutturale della loro attività.

Stiamo a vedere se la sentenza riuscirà a portare risvolti positivi nel mondo del lavoro italiano e non solo.

Scarica il testo (pdf) della sentenza della Corte di Giustizia UE.

Ci sono importanti novità nella legge n. 78/2014 che porta definitivamente il Jobs Act nel mondo del lavoro. L’approvazione del piano voluto dal Governo Renzi introduce modifiche alla disciplina di tempo determinato e apprendistato. Vediamo con la conversione in legge cosa è cambiato rispetto al DL di cui abbiamo già parlato nel blog (n. 34/2014).

Apprendistato

  • Il piano di formazione dovrà essere compilato in forma sintetica
  • Il datore di lavoro non deve provvedere alla formazione per l’acquisizione di competenze di base se la Regione non provvedere a comunicare l’offerta formativa pubblica
  • Per aziende con più di 50 dipendenti la percentuale di stabilizzazione deve essere del 20%
  • La retribuzione con l’apprendistato di 1° livello (professionale) sarà di almeno il 35% del livello di inquadramento
Tempo determinato
  • Sale a 36 mesi il limite per i contratti a tempo determinato senza motivazione, anche per la somministrazione
  • Il numero massimo di contratti a tempo determinato è del 20% dei lavoratori a tempo indeterminato
  • Le proroghe potranno essere massimo 5 entro il limite dei 36 mesi nel caso si riferiscano alla stessa attività lavorativa
  • Per le lavoratrici a tempo determinato che usufruiscono della maternità obbligatoria, gli verrà accreditato tale periodo per il raggiungimento del periodo per il diritto di precedenza per le assunzioni

[Aggiornamento del 10/10/2016] Anche la Corte di Giustizia UE con una recente sentenza ha ribadito il tema dell’abuso dei contratti a tempo determinato negli stati membri, Italia compresa.


[Aggiornamento del 24/05/2016] E’ stato firmato un accordo interconfederale che chiarisce tutte le novità introdotte dal Jobs Act sulla retribuzione dell’apprendistato duale.


[Aggiornamento del 27/11/2014] Il testo del Jobs Act è passato alla Camera con alcune importanti modifiche legate all’articolo 18 e alle tipologie contrattuali, come per esempio il contratto a tutele crescenti.

Scendiamo più nello specifico dei cambiamenti introdotti dal Jobs Act (DL 34/2014) analizzando le novità più importanti all’interno del contratto a tempo determinato e apprendistato.

Novità! Il Jobs Act è diventato legge (n. 78/2014) e con la conversione sono cambiate alcune delle indicazioni che trovate sotto.

Contratto a tempo determinato

  • un contratto senza causale potrà essere stipulato per un massimo di 36 mesi (precedentemente erano 12), comprensivi di eventuali proroghe
  • l’elemento dell’acasualità è esteso anche al contratto di somministrazione
  • il numero di contratti a tempo determinato non possono superare il 20% di tutti i lavoratori dell’azienda, fatto salvo per le imprese fino a cinque dipendenti che possono stipulare un contratto a tempo determinato
  • sono ammesse fino ad otto proroghe del contratto, a patto che l’attività lavorativa sia la stessa del contratto iniziale. Naturalmente le eventuali proroghe possono portare la durata della sequenza di contratti a tempo determinato molto oltre i 36 mesi.
Contratto di apprendistato

  • non è più necessario presentare in forma scritta un piano formativo individuale per l’apprendistato professionalizzante
  • è stata eliminata la percentuale di stabilizzazione dei contratti di apprendistato richiesta alle aziende per assumere nuove apprendisti
  • le ore di formazione saranno retribuite al 35%
[Aggiornamento del 27/11/2014] In attesa dell’approvazione del Senato, il passaggio alla Camera ha portato ad alcune modifiche importanti legate all’articolo 18 e alle forme contrattuali. 

Il 12 marzo 2014 è stato approvato il decreto legge n.34/2014 (Jobs Act) con importanti provvedimenti a favore dell’occupazione e della semplificazione nel mercato del lavoro.

A partire dal 19 maggio (Gazzetta Ufficiale n. 114) il Jobs Act è legge e nella conversione sono state modificate alcune delle indicazioni che trovate sotto.

  • Contratto di lavoro a tempo determinato: cambiano le regole rispetto alla recente Riforma del Lavoro. Viene portato da 12 a 36 mesi il limite massimo della durata di un contratto di lavoro a termine senza causale. C’è inoltre la possibilità di prorogare fino ad un massimo di 8 volte questa tipologia di contratto entro il limite dei tre anni. Infine il numero massimo di contratti a tempo determinato che un’azienda può stipulare è il 20% dell’intero organico. 
  • Contratto di apprendistato: non è più necessario aver confermato in precedenza apprendisti per assumerne di nuovi. Inoltre non è più obbligatorio presentare in forma scritta il piano formativo individuale e durante le ore di formazione la retribuzione è del 35% della normale paga. 
  • Ammortizzatori sociali: sono state individuate le linee guida per garantire un maggiore tutela per tutti i lavoratori. L’intenzione del governo è rivedere la distinzione tra ASpI e mini-ASpI, di incrementare la durata della disoccupazione ed estenderla ai contratti a progetto con l’arrivo da maggio 2015 della NASpI.
  • Forme contrattuali: tentare di omogenizzare, in altre parole di ridurre, i tanti CCNL esistenti in Italia e introdurre un nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
  • Maternità: si vuole garantire a tutte le madri, anche con contratto di lavoro parasubordinato, il diritto alla maternità, con un sistema di tutela universale.
[Aggiornamento del 27/11/2014] Con il passaggio alla Camera del testo del disegno di legge, sono stati modificati alcuni articoli relativi all’articolo 18 e forme contrattuali. 

E’ stata pubblicata una nota dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (n. 31/0005426 del 4 ottobre 2013) in cui vengono chiariti i dubbi relativi all’intervallo temporale tra due contratti a tempo determinato.

Con la Riforma del Lavoro (Legge n. 92/2012) i tempi della cosiddetta “vacanza contrattuale” erano diventati 60 giorni in caso di contratti a termine fino a 6 mesi e 90 giorni per contratti oltre i 6 mesi.

Oggi invece con la Legge n. 99 del 9 agosto 2013 viene ridotto l’intervallo temporale a 10 e 20 giorni tra due contratti a tempo determinato. Questa legge contiene i primi interventi per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, e altre misure finanziarie urgenti, come l’aumento dell’IVA.

Quindi riassumendo l’attesa attualmente in vigore è di 10 giorni in caso di contratti a termine fino a 6 mesi e di 20 giorni per contratti oltre i 6 mesi.

Tra le novità più importanti della Riforma del Mercato di Lavoro 2012, ci sono senz’altro le modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato.

Già dal 2007 la durata massima di contratti a termine stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore non può superare i 36 mesi nell’arco dell’intera vita lavorativa.

Cosa cambia? Con la Riforma del Lavoro, nei 36 mesi rientrano anche i contratti di somministrazione intercorsi tra il lavoratore e il datore di lavoro. Le nuove norme prevedono la possibilità per il datore di lavoro di stipulare il primo contratto a termine senza la necessità di indicare le ragioni giustificatrici. Tuttavia è bene sottolineare che il contratto a tempo indeterminato è da considerarsi il “contratto dominante” nel mercato del lavoro italiano.

Con questa nuova regola, già presente nelle direttive europee, non si cerca di limitare il contratto a tempo determinato, ma di prevenire gli abusi, molto presenti in Italia, legati all’utilizzo di una successione di contratti a termine.

La mancanza di una causale per il contratto a tempo determinato vale solo per il primo contratto stipulato tra il lavoratore e il datore di lavoro. Anche a diversi anni di distanza non potrà più essere utilizzato un contratto a tempo senza giustificazione e inoltre non potrà essere utilizzata la stessa ragione giustificatrice più di una volta: questa è una delle novità della Riforma. La durata del contratto a termine senza clausola non può essere superiore ai 12 mesi (aggiornamento: cambiano le regole con il Jobs Act del governo Renzi).

E’ bene ricordare anche che, nel caso il lavoratore fosse assunto a tempo determinato prima dell’entrata in vigore della Riforma, questo non potrà essere rinnovato a tempo senza la causale. Stesse regole valgono per i contratto di somministrazione con le agenzie del lavoro interinale.

Veniamo alla cosiddetta “vacanza contrattuale”, cioè i termini in caso di riassunzione per non incappare nella trasformazione automatica in tempo indeterminato, questi passano da 10 a 60 giorni in caso di contratti a termine fino a 6 mesi e da 20 a 90 giorni per contratti oltre i 6 mesi.

Novità! Da segnalare il ritorno a 10 e 20 giorni di “vacanza contrattuale” dopo l’approvazione da parte dei Governo Letta del Pacchetto Lavoro, che comprende anche una serie di incentivi all’occupazione dei giovani.

Per quanto riguarda il costo del lavoro, da segnalare gli aggravi contributivi per i datori di lavoro che assumeranno lavoratori con contratto a tempo determinato. In poche parole, dal 1° gennaio 2013 il contratto a tempo determinato costerà di più rispetto al contratto a tempo indeterminato. La maggiorazione prevista dal legislatore sarà dell’1,4% e verrà “versata” all’ASpI (Assicurazione Sociale per l’Impiego).
Il contributo aggiuntivo non si applica:

  • ai contratti a tempo determinato per motivi sostitutivi (es. malattia, maternità, infortuni)
  • in caso di lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali
  • nel caso di contratti di apprendistato
  • ai contratti nelle Pubbliche Amministrazioni

Da non dimenticare poi le nuove regole che trasformano un contratto a tempo determinato in indeterminato.