Contratto Lavoro

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Quattordicesima Commercio

Una delle particolarità del Contratto del Commercio, oltre ad essere uno dei più diffusi in Italia, è relativa alla quattordicesima mensilità che spetta ai lavoratori con l’arrivo dell’estate.

Più precisamente il testo del CCNL (art. 208 del Testo Unico del 2008) prevede il pagamento di questa mensilità aggiuntiva venga fatta il 1° luglio di ogni anno o, in linea generale, prima del termine del mese di giugno.

Come accade per la tredicesima, anche la quattordicesima deve essere erogata con una busta paga a parte rispetto alla normale retribuzione mensile, dove vengono elencati solo gli importi relativi a questa retribuzione aggiuntiva. Inoltre, nel caso in cui il lavoratore non abbia lavorato per l’intero anno, l’importo spettante va riparametrano per i mesi lavorati (es. cioè il lordo va diviso per 12 mesi e moltiplicato per i mesi di attività).

Per chi avesse dubbi sul reale importo lordo della quattordicesima, basta dividere per 14 la RAL riportata sul contratto di lavoro a cui non dovranno essere sommate le quote relative a rimborsi spese, premi, indennità o gratifiche. A questa retribuzione lorda è applicata la normale tassazione prevista per lo stipendio ma, come detto poco sopra, in una busta paga specifica, cioè non unita alla retribuzione del mese di giugno legata agli ultimi aumenti del Commercio.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il post già pubblicato su Contratto di Commercio.

Part time agevolato per la pensione

E’ stato firmato il 13 aprile 2016 il decreto che rende un sogno realtà: un part time agevolato per tutti i lavoratori privati vicini alla pensione.

Sul blog abbiamo già parlato dei requisiti di questo nuovo contratto a tempo parziale, ma vediamo più nel dettaglio cosa contiene il testo appena approvato dal Ministero del Lavoro e da quello dell’Economia.

Potranno richiedere il nuovo contratto part time agevolato:

  • i lavoratori privati
  • con contratto a tempo indeterminato e orario pieno
  • che hanno almeno 20 anni di contributi 
  • e maturano il requisito anagrafico per la pensione entro il 31 dicembre 2018: cioè 66 anni e 7 mesi per gli uomini e 65 anni e 7 mesi (biennio 2016-2017) e 66 anni e 7 mesi (per il 2018) per le donne

Solo se tutti i punti sopra sono soddisfatti il lavoratore può richiedere l’agevolazione. Il vantaggio, come già indicato nel precedente post, è che lavorando ad esempio al 50% si avrà uno stipendio del 65% (quindi non la metà) e il bonus in più ottenuto, che non sono altro che i contributi non versati all’Inps dall’azienda, non sarà soggetto a ritenute. 
L’iter per la richiesta è stato definito dal decreto:
  1. il lavoratore e il datore di lavoro stipulano un contratto a tempo parziale agevolato che termina con la data di maturazione del requisito anagrafico per la pensione
  2. una copia del contratto viene inviata dal datore di lavoro alla Direzione Territoriale del Lavoro che in 5 giorni deve dare il suo parere (consenso/diniego). Passati i 5 giorni il contratto si intende autorizzato
  3. il datore di lavoro trasmette all’Inps la richiesta con tutte le informazioni necessarie per stimare il beneficio contributivo
  4. l’Inps ha altri 5 giorni per accettare o rigettare la domanda, tenendo conto dell’estratto contributivo e dei fondi a disposizione dallo Stato. Se c’è l’ok finale dell’Inps dal primo giorno del mese successivo il lavoratore avrà l’agevolazione

L’arrivo del Jobs Act ha portato numerosi cambiamenti nella modalità di utilizzo del congedo parentale che ora è disponibile per un arco temporale più lungo e fruibile a ore.

Per quanto riguarda la prima novità, avevamo già parlato in un precedente post dei cambiamenti introdotti a tutela della maternità. Uno dei più importanti è che oggi è possibile utilizzare l’astensione facoltativa al 30% dello stipendio fino ai 6 anni del bambino e quella non retribuita fino ai 12 anni.

L’altra novità da poco introdotta (circolare Inps n. 152 del 18 agosto 2015) è quella relativa alla fruizione del congedo parentale ad ore. Mentre prima questa modalità era prevista solo se presente nel CCNL sottoscritto dal lavoratore, ora anche in assenza di contrattazione collettiva i genitori possono usufruire del periodo di congedo anche su base oraria.

Per ora il decreto legislativo che ha introdotto questi cambiamenti a tutela della maternità (DLgs n.80/2015) ha carattere sperimentale ed è quindi valido solo fino al 31 dicembre 2015. Sicuramente, come già in altri casi, verranno pubblicati decreti che prolungheranno le nuove tutele.

Entrando più nello specifico, nulla cambia nel numero totale di giorni di congedo parentale (180): le novità sono l’arco temporale più ampio e soprattutto la possibilità di utilizzarlo ad ore, oltre che a giorni o mesi. Da segnalare che nel caso di utilizzo ad ore, il congedo deve essere associato all’attività lavorativa e non può quindi essere fruito durante i giorni di riposo (es. domeniche) e inoltre non può andare oltre la metà dell’orario medio giornaliero.

La presentazione della domanda, che è diversa rispetto a quella se si utilizza il congedo a giorni o mesi, deve essere fatta utilizzando i servizi online Inps e si deve indicare il periodo di fruizione e il numero totale delle ore che deve essere calcolato in giornate lavorative intere (sul sito Inps: Invio Domande di prestazioni a Sostegno del reddito – Maternità – Acquisizione domanda).

[Aggiornamento del 09/11/2015] In discussione nella Legge di Stabilità 2016 c’è un’importante norma che prevede l’estensione a 15 giorni di congedo obbligatorio per i padri.

E’ una delle novità previste dal Jobs Act nel decreto legislativo 81/2015. Se ne è parlato poco ma da oggi si può procedere al demansionamento laddove prima non era possibile.

Precedentemente infatti il cambio di mansioni era regolato dall’articolo n.2103 del Codice Civile che prevedeva che il lavoratore venisse adibito a mansioni per le quali è stato assunto o a quelle subito superiori. In caso contrario, salvo rare eccezioni, il lavoratore poteva denunciare il datore di lavoro per danno da demansionamento.

Ora cambia tutto! Quanto previsto dal decreto legislativo del 15 giugno 2015 introduce la possibilità generale di demansionamento che è possibile racchiudere in tre diversi casi:

  • Modifica dell’organizzazione aziendale (demansionamento lecito): nel caso di esigenze organizzative il datore di lavoro può unilateralmente assegnare un lavoratore a mansioni inferiori se queste sono relative al livello di inquadramento subito inferiore. In questo caso la retribuzione (solo gli elementi fissi) non deve subire variazioni come la categoria legale (es. impiegato o operaio)
  • Contrattazione collettiva: in caso di contrattazione collettiva (CCNL) e di secondo livello possono essere previste delle forme di demansionamento che però seguono le impostazioni “legali” elencate sopra
  • Sede assistita: il demansionamento lecito può essere superato in sede assistita o davanti a Commissioni di Certificazione nel caso in cui le mansioni inferiori siano a tutela del posto di lavoro

Scarica il testo del decreto legislativo 81/2015 con tutti i dettagli.

[Aggiornamento del 20/10/2015] Con la nuova norma è stata introdotta anche un’altra importante novità, cioè la possibilità di procedere alla riduzione dello stipendio dove prima era invece impossibile.

Prima di parlare a fondo del danno da demansionamento, è bene approfondire il tema del cambio di mansione che molto spesso viene imposto in modo ingiusto ai lavoratori.

Il danno professionale è una materia molto controversa: un orientamento lo connota con un carattere patrimoniale, un altro invece nella categoria più generale del danno esistenziale.

La distinzione del danno è molto importante, in quanto se lo si considera come danno esistenziale si dovranno presentare le prove del danno.

Viceversa se si considera il danno con un’ottica patrimoniale, la Suprema Corta ha già precisato (sentenza 14 aprile 2011 n.8527), che “l’assegnazione a mansioni inferiori determinerebbe sempre e comunque (e dunque a prescindere dall’allegazione o meno da parte del dipendente di elementi che provino il danno) l’obbligo per il datore di lavoro di risarcire il danno patrimoniale al lavoratore”.

In alcuni casi è però prevista l’assegnazione a “mansioni inferiori”, nel caso di sopravvenuta inidoneità fisica permanente, per evitare cioè il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del lavoratore.

Per quanto riguarda l’ammontare del risarcimento, il danno deve essere parametrato alla retribuzione globale dei mesi di demansionamento (fa fede la retribuzione mensile).

[Aggiornamento del 13/07/2015] Con il Jobs Act, e in particolare il decreto legislativo 81/2015, è possibile procedere al demansionamento soprattutto in casi di modifica dell’organizzazione aziendale.

[Aggiornamento del 20/10/2015] Con la nuova norma indicata poco sopra è stata introdotta la possibilità di procedere anche alla riduzione dello stipendio dove prima era invece impossibile.

Il datore di lavoro può decidere il cambio di mansioni lavorative di un dipendente. Tuttavia esistono dei limiti e aspetti importanti da sapere nelle modifiche delle mansioni del dipendente.

Secondo l’art. 2103 c.c. (modificato dall’art. 13 L. 300/70), il dipendente deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Sul blog trovate anche tutte le informazioni sul passaggio di livello.

Solo in alcune ipotesi estreme è previsto che il lavoratore possa essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle di provenienza:

  • per esigenze organizzative dell’azienda, solo in casi eccezionali e per un arco di tempo limitato
  • riassetto organizzativo dell’azienda
  • nel periodo necessario all’apprendimento di nuove tecniche lavorative

Se non si rispettano queste ipotesi, il lavoratore può denunciare il datore di lavoro per danni da demansionamento. E’ bene quindi capire a fondo il concetto di equivalenza delle mansioni di provenienza, che sono le:

  • mansioni di assunzione
  • mansioni da ultimo effettivamente svolte
  • mansioni corrispondenti alla categoria superiore nel frattempo acquisita dal dipendente
[Aggiornamento del 13/07/2015] Con il Jobs Act, e in particolare il decreto legislativo 81/2015, è possibile procedere al demansionamento soprattutto in casi di modifica dell’organizzazione aziendale.

[Aggiornamento del 20/10/2015] Con la nuova norma indicata poco sopra è stata introdotta la possibilità di procedere anche alla riduzione dello stipendio dove prima era invece impossibile.

La Manovra correttiva 2011 ha introdotto molti cambiamenti nelle pensioni e più in generale nel sistema previdenziale italiano.

La legge n. 111/11 (conversione del decreto legge n.98) porta numerose novità, tutte inserite nella Manovra correttiva approvata dal governo ad agosto 2011, insieme al maxiemendamento della Manovra finanziaria 2011.

  • L’adeguamento dei requisiti per avere la pensione di vecchiaia viene anticipato a gennaio 2013 (incremento di 3 mesi di anzianità) anziché dal 2015, come previsto dalle norme precedenti. Di scatto triennale in scatto triennale (3-4 mesi in più ogni volta), nel 2050, per andare in pensione di vecchiaia ci vorranno circa 70 anni
  • Una delle novità di rilievo riguardano le donne lavoratrice del settore privato. Per le donne dal gennaio 2020 il requisito per andare in pensione di vecchiaia si incrementerà gradualmente sino al 2032, con un aumento di 5 anni dei requisiti attualmente richiesti (si passerà dai 60 ai 65 anni come attualmente previsti per gli uomini). Tuttavia questa misura dovrà fare i conti con le regole in materia di adeguamento dei requisiti in base alla speranza di vita, che non farà altro che diluire il raggiungimento dei requisiti necessari. In sostanza, nel 2032 saranno necessari 67 anni e tre mesi, con un incremento di 87 mesi rispetto all’attuale situazione
  • finestre mobili: grazie dalla manovra dello scorso anno, da quest’anno già non è più consentito andare in pensione, al raggiungimento dei 40 anni di servizio ma occorre aspettare un altro anno durante il quale o si continua a lavorare oppure ci si può restare per un anno senza stipendio e senza pensione. Adesso la legge 111/2011, art.18 stabilisce che chi va in pensione con 40 anni di contributi dovrà aspettare un altro mese in più rispetto alla finestra mobile nel 2012, due mesi nel 2013 e tre mesi nel 2014. Questo significa che un lavoratore dipendente nel 2014 potrà lasciare il lavoro senza il requisito dell’età solo dopo 41 anni e tre mesi. Vanno con la vecchia finestra mobile solo coloro che maturano i requisiti entro il 31 dicembre di quest’anno e i primi 5 mila lavoratori in mobilità che li matureranno nel 2012

Leggi tutte le novità delle pensioni 2011.

Per le lavoratatici con contratto della scuola, in caso di maternità e in particolare nel periodo di astensione obbligatoria, spetta l’intera retribuzione mensile.

Oltre all’intero stipendio, spettano anche le retribuzioni accessorie come nel caso di malattie superiori ai 15 giorni. Nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, si deve considerare anche come servizio per un eventuale proroga della supplenza nella scuola in cui si lavora.

Dopo il periodo di maternità obbligatoria, alle lavoratrici/lavoratori della scuola spettano fino al terzo anno di vita del bambino, 30 giorni per ogni anno di età di assenza retribuita. Successivamente, tra i tre e gli otto anni, i giorni diventano 5 ogni anno per le malattie figlio.

Nel caso di astensione dal lavoro si deve fare la domanda con l’indicazione della durata almeno quindici giorni prima dell’inizio del periodo.

Leggi anche i permessi retribuiti e le ferie per il personale della scuola e gli assegni di maternità.

[Aggiornamento del 15/02/2018] Sul blog è stato pubblicato il rinnovo 2016-2018 del Contratto della Scuola.

La disoccupazione agricola spetta ai lavoratori che prestano la propria attività nell’agricoltura.

I requisiti per avere la disoccupazione agricola sono:

  • essere iscritti negli elenchi dei nominativi agricoli
  • almeno due anni di anzianità assicurativa contro la disoccupazione
  • almeno 102 contributi giornalieri nel biennio (anno in cui si chiede la disoccupazione e l’anno precedente)
Novità! Dal 1 gennaio 2013 arriva l’indennità di disoccupazione ASpI che andrà a sostituire la disoccupazione agricola. Sul blog trovate tutti i dettagli su requisiti, importo e durata.

Da segnalare che i requisiti riportati sopra sono per la disoccupazione agricola ordinaria. Diversi invece i requisiti per la disoccupazione agricola con requisiti ridotti.

L’indennità che viene versata è uguale al numero di giornate lavorate (per una massimo di 365 giorni). La quota è del 40% dello stipendio percepito nel periodo per il quale si richiede la disoccupazione agricola. Da questo importo poi deve essere detratto il 9% (per massimo 150 giorni). Il calcolo dell’indennità, come appena riportato, è valido sia per l’ordinaria che per quella con requisiti ridotti.

Per informazioni leggi il contratto dell’agricoltura e il rinnovo 2014-2017 del Contratto degli Operai Agricoli e Florovivaisti.

 

[Aggiornamento del 17/11/2021] Dal 1 gennaio 2022 cambiano i requisiti e gli importi della Naspi, Dis-coll e disoccupazione agricola.

I minimali retributivi hanno subito un aumento del 1,6% dal 1 gennaio 2011. Per chi non lo sapesse, l’Inps ogni anno pubblica la retribuzione minima giornaliera ai fini contributivi.

Il minimale di retribuzione giornaliera per il 2011 è di 44,49 euro. Tra le altre retribuzioni, da segnalare anche i minimi retributivi 2012 di colf e lavoratori domestici.

Scopri anche tutti gli altri post sugli argomenti relativi a retribuzione e stipendio.